Canticchiare a bocca chiusa, questo è – in parole povere – fare Humming. Nel 1988 Karel F. ed Heda Jindrak teorizzano, sul numero 25 di Medical Hypoteses, che l’humming possa essere un’attività in grado di produrre effetti fisici terapeutici. Il tutto prende forma di 4 postulati:
- le 23 ossa del cranio, attraverso le suture (giunzioni) trasmettono le vibrazioni dell’humming al cervello producendo un vero e proprio massaggio
- il flusso del liquido cerebrospinale viene accelerato dall’humming
- il massaggio prodotto dall’humming stimola le cellule
- l’humming aiuta a eliminare i materiali di scarto, operando una vera e propria detossificazione cerebrale.
Dovranno passare un po’ di anni prima che la scienza produca i primi lavori a supporto della tesi ma nel 2006 arriva una prima conferma (lo studio si incentra sulla “respirazione del calabrone” nel Bhramari Pranayama) che rileva effetti positivi su una serie di parametri predefiniti. Subito dopo la stessa equipe perfeziona la conclusione dello studio.
Nel 2018 arriva una conferma al secondo postulato di Jindrak.
Fare humming è quindi qualcosa da provare spesso perché aiuta a trovare una centratura sul qui e ora, permette di rilassarsi e di focalizzare la mente.
Come fare humming? Basta chiudere la bocca, provare a vocalizzare un suono simile a un “Mhhh” e fare in modo che il suono faccia vibrare la gola, riempia le cavità nasali e – letteralmente – risuoni in testa. La frequenza dell’humming deve essere bassa (simile, appunto, al suono prodotto dal calabrone che ronza, ma se si riesce anche più bassa) e il sostegno non forzato.
Un consiglio: in una situazione di tensione come prima di un esame, un colloquio o un appuntamento importante, fare humming per alcuni minuti aiuta a gestire la paura.